IL REGALO DELLA MADRE

Penso a queste notti

Che tu ed io abbiamo attraversato

Guardando gli anni belli

Quelli dei bei giochi con le bambole

E tu, mamma mia adorata

Le vestivi a festa

Come fossero anch’esse tue figlie

O, forse, tu stessa fatta bambina

Ed ora la mia bambina sei tu

Ste(fa) nia

10 ottobre 2019

BOSSA

Sono le tre del pomeriggio

E fuori non trovo la mia stagione

Sono sdraiato a fumare

Tra le sue volute vedo solo il tuo viso

Una Bossa sei meninha

Ti muovi su quei fusi eleganti

Camminando su un lago

Mi parli solo col respiro

E mi chiedo da chi discendi

Qui nessuno ti rassomiglia

Hai negli occhi tutta la pioggia

Che ha fatto fiorire questa foresta

E allora penso

– È questo Dio? O non è forse il mio tormento?

Cercare di afferrare il fulmine che spezza i tronchi

E ogni volta aver paura che tutto finisca

E scoprire che, invece,

Da tanta furia

Il più piccolo fra gli esseri si moltiplicherà

Tendendo all’infinito

Ste(fa)nia

7aprile 2019

Atelier

Sono stata al mercato stamane

Tra il venditore di seta e spezie

E la tenda del cammelliere

Ho montato la mia isola

Cercando di vendere anch’io qualcosa

E quindi ho cominciato

– Emozioni, signori! Sentimenti!

Canti di pastori sdraiati nell’erba!

Venite a provare l’abbraccio di una madre al figlio che parte, il bacio di un condannato a morte, il profumo dell’ultimo pasto prima di essere catturato dalle SS!

Per i più esigenti ho il battito del cuore di un uomo saltato per aria su una mina anti-uomo.

O magari vi può interessare la paura

Quella sensazione di vuoto che si prova prima di premere un grilletto

O il chiudere gli occhi a un bambino finito nel girone con gli orchi. –

Beh! Non ci crederete!

Ho venduto più di tutti i mercanti messi insieme

Sono ricca sfondata ora.

Non espongo più nulla al mercato

Ora ho un atelier

Ste(fa)nia 13 febbraio 2019©

ASPETTO LA MIA DONNA

Aspetto la mia donna

Mi sono messo in tiro per lei sai!

Ho indossato un campo di girasoli

E lo so che vedendomi tutti la fisseranno

Io mi sentirò un mezzogiorno

Pieno di battiti come un campanile

Tutto in lei sentirà

Tutto in lei diverrà Aprile

Un pomeriggio infinito

Dove le ore si mischiano all’azzurro

Lei diverrà una rondine

Che m’apre la porta del sole.

Ste(fa)nia 10 febbraio 2019

FAVOLA CONTRO IL BUIO

C’era una volta, tanto tempo fa, un cantastorie che girava per paesi e villaggi a raccontare storie di buona e cattiva sorte. Era un giovane alto e bello, tanto bello che mille giovinette ebbero a struggersi il cuore a vederlo. Vestiva una giubba di seta e aveva spalle larghe e forti, mani sottili che parevano fuscelli che con garbo accarezzavano le corde del suo liuto, una voce di colomba erano i suoi canti e gorgheggi di tortora.

Giunse un giorno in uno strano villaggio posto perennemente all’ombra, mai un raggio di sole vi compariva e qui, arroccato fra le mura di ardesia un vecchio gobbo e malconcio lo accolse con voce di disperazione:

– Chi sei tu, come ci sei finito qui? Non vedo forestieri da che ero un fanciullo e ora ne conto 8 lustri (40 anni) e quel che è più triste è che sono il più giovane degli abitanti. Dunque cosa ci fai qui e chi credi di venire a rallegrare? –

Il cantastorie girò intorno con gli occhi ed ebbe la sensazione di essere giunto all’ultimo posto del mondo. Si sedette su una pietra, esausto e chiese al gobbo se per pietà potesse indicargli un posto in cui rifocillarsi prima di ripartire. Il gobbo gli indicò una stradina che portava ad una locanda ma lo avvertì, con molta premura di fare attenzione alla locandiera poiché aveva fama di fattucchiera della peggior risma. Poi si congedò e, guardandolo con pietà, gli consegnò un sacchetto.

Il giovane cantastorie lo aprì e vi trovò, smontato in tre pezzi, un flauto ed una pergamena. Sulla pergamena vi era scritto “SOFFIAMI QUANDO TI MANCHERÀ IL RESPIRO”

Si faceva sempre più buio e freddo così il giovane imboccò il vicolo e si diresse alla locanda. Arrivato all’uscio, appena rischiarato da una lanterna, vi lesse la scritta “LOCANDA BUIA” provò a bussare e non ricevendo risposta vi entrò.

La locanda pareva accogliente, c’era un buon profumo di castagne e vino. Si sedette. Presto arrivò una donnina piccola piccola tutta bianca

che gli servì del buon vino e gli chiese se intendeva fermarsi per la notte.

La donnina aveva l’aspetto di una vecchia teiera sbeccata, gli occhi di una donnola e l’ incedere di un vecchio macinino arrugginito ma il giovane non fece una piega e guardandola dritto negli occhi assentì alla sua richiesta. La donnina improvvisamente divenne svelta come una saetta scomparendo dietro una porta, lasciandola aperta. Il giovane se ne restò seduto per un po’ poi, stanco del tanto camminare decise di cercare da solo una stanza e così, preso un lume dalla parete si incamminò verso la porta lasciata aperta e cominciò a salire su per la scala.

Saliva e saliva, girava e girava ma quella scala pareva non finire mai tanto che per la stanchezza dovette fermarsi più d’una volta. Sentiva che pian piano il fiato diventava sempre più corto e si ricordò del flauto. Posò la lampada a terra e aprì il sacchetto. Montò i tre pezzi e cominciò a soffiare nella bocca del flauto ma, con stupore, nessun suono ve ne uscì, soffiò più forte ma niente. In compenso si sentì improvvisamente forte e così ricominciò a salire le scale e finalmente giunse ad un piano sul quale vi erano tre porte. Con la lampada a fargli da guida lesse sulla prima porta una scritta “IO”. Ormai curioso si diresse alla seconda e vi trovò scritto “CHI” e di seguito all’ultima che recava la scritta “SONO”. Si ricordò le parole del gobbo e pensò che la locandiera si volesse divertire giocandogli uno scherzo, così decise di proseguire per la scala e di fermarsi nell’ultima stanza che avrebbe trovato ma, forte dell’esperienza vissuta, non appena riprese a salire soffiò subito nel suo flauto e subito comparve un altro piano, e poi un altro e un altro ancora. Della donnina nessuna traccia. Il giovane escogitò, nel frattempo, di suonare una bella canzone allegra così cominciò a suonare e cantare e a soffiare nel flauto finché la donnina, innamorata di quella voce improvvisamente non gli comparve dinanzi:

– Sei tu che canti così melodioso bel giovanotto? Chi sei? –

Il giovane si ricordò delle stanze del primo piano e rispose: – IO CHI SONO? –

E lei: – NON LO SO –

Allora il giovane riprese: – IO CHI SONO? –

E lei: – LO VORREI SAPERE – ma questa volta più spazientita

E il giovane: – IO CHI SONO? –

E lei, in preda alla rabbia: – BASTA DILLO TU! –

Il giovane riconobbe in lei una vecchia megera e capì che quel luogo buio era l’origine di tutto il buio piombato sull’intero villaggio ma scoprì attraverso la rabbia della vecchia che nessuno era mai stato in grado di dire “BASTA!” se non lei. Così scese al piano “BASTA DILLO TU” e spalancò porte e finestre e improvvisamente entrò il sole.

La donnina tirò fuori un gran grido di dolore e svenne ma al suo posto, la mattina seguente c’era solo una teiera, sbeccata.

Il giovane cantastorie, dopo essersi rifocillato a dovere riprese il suo pellegrinare.

Era bello, alto, snello con voce di colomba e gorgheggi di tortora.

STEFANIA GIALLANELLA

31 dicembre 2018

NON TROVERETE

Viviamo io e lui

Il tempo senza tempo

Senza pareti la nostra casa

Sul mare

Nasce col sole e vive

Distesa nei nostri corpi

Al mondo

Unica specie, senza eredi

Essersi Uno in moltitudini di incontri

Appartenersi e vivere

Un passare di occhi

Uno sguardo senza grammatiche

Una nudità che racchiude

Arcano e rivelazione

Non troverete nessuno

Io sono entrata

E lui era in me

Stefania Giallanella

25/12/2018

IL CAMMINO DELL’UOMO

Ricordati di aprire le porte del cielo
quando il pellegrino
avrà terminato quel viaggio
che da secoli o da millenni
l’hai costretto a percorrere

Senza pane, senza acqua, senza letto, senza scarpe, ci ha provato
e ha ucciso, ha devastato ha scavato con le sue mani
milioni di fosse
per ritrovare la casa perduta

A volte anche l’Inferno è luogo accogliente
per chi delle sue ossa deve farne capanna

Guardando l’orizzonte
bisogna avere occhi di brace
o di aquila reale
perché quel sole che arde l’atmosfera
fisso ti guarda e guarda la tua danza
come un maestro severo

Stefania Giallanella 2010

Foto: Manfredonia (FG)

EROS

Tu verrai

Nella luce fioca e nel silenzio

Tutto in un solo gesto

Con occhi di lupo

Con mani di fiori di campo

Tu sarai

Il profumo d’un gelso d’oriente

Dolce come una mora di rovo

Tagliente più d’una spina

Così mi colpirai al petto

Rosso infuocato

Ed io sarò per te

Una città espugnata

Di quale terra sei?

CONQUISTADOR

Parli la lingua profumata

Delle onde spumose

Docile ai colpi di Heros

Stefania Giallanella 15 dicembre 2018

INFINITA MUSICA

Solleva i tuoi piedi
Ora che la notte suona
Vieni come la luna
A rischiarare la strada di casa

Tu, cetra d’Apollo
Guidami
Conducimi agli astri del cuore
Alle sconfinate galassie
Con l’eco della tua voce
Stelle, miriadi, popoli di cielo
Sei tu il richiamo
La danza infinita

Stefania Giallanella 15 dicembre 2018

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