C’era una volta, tanto tempo fa, un cantastorie che girava per paesi e villaggi a raccontare storie di buona e cattiva sorte. Era un giovane alto e bello, tanto bello che mille giovinette ebbero a struggersi il cuore a vederlo. Vestiva una giubba di seta e aveva spalle larghe e forti, mani sottili che parevano fuscelli che con garbo accarezzavano le corde del suo liuto, una voce di colomba erano i suoi canti e gorgheggi di tortora.
Giunse un giorno in uno strano villaggio posto perennemente all’ombra, mai un raggio di sole vi compariva e qui, arroccato fra le mura di ardesia un vecchio gobbo e malconcio lo accolse con voce di disperazione:
– Chi sei tu, come ci sei finito qui? Non vedo forestieri da che ero un fanciullo e ora ne conto 8 lustri (40 anni) e quel che è più triste è che sono il più giovane degli abitanti. Dunque cosa ci fai qui e chi credi di venire a rallegrare? –
Il cantastorie girò intorno con gli occhi ed ebbe la sensazione di essere giunto all’ultimo posto del mondo. Si sedette su una pietra, esausto e chiese al gobbo se per pietà potesse indicargli un posto in cui rifocillarsi prima di ripartire. Il gobbo gli indicò una stradina che portava ad una locanda ma lo avvertì, con molta premura di fare attenzione alla locandiera poiché aveva fama di fattucchiera della peggior risma. Poi si congedò e, guardandolo con pietà, gli consegnò un sacchetto.
Il giovane cantastorie lo aprì e vi trovò, smontato in tre pezzi, un flauto ed una pergamena. Sulla pergamena vi era scritto “SOFFIAMI QUANDO TI MANCHERÀ IL RESPIRO”
Si faceva sempre più buio e freddo così il giovane imboccò il vicolo e si diresse alla locanda. Arrivato all’uscio, appena rischiarato da una lanterna, vi lesse la scritta “LOCANDA BUIA” provò a bussare e non ricevendo risposta vi entrò.
La locanda pareva accogliente, c’era un buon profumo di castagne e vino. Si sedette. Presto arrivò una donnina piccola piccola tutta bianca
che gli servì del buon vino e gli chiese se intendeva fermarsi per la notte.
La donnina aveva l’aspetto di una vecchia teiera sbeccata, gli occhi di una donnola e l’ incedere di un vecchio macinino arrugginito ma il giovane non fece una piega e guardandola dritto negli occhi assentì alla sua richiesta. La donnina improvvisamente divenne svelta come una saetta scomparendo dietro una porta, lasciandola aperta. Il giovane se ne restò seduto per un po’ poi, stanco del tanto camminare decise di cercare da solo una stanza e così, preso un lume dalla parete si incamminò verso la porta lasciata aperta e cominciò a salire su per la scala.
Saliva e saliva, girava e girava ma quella scala pareva non finire mai tanto che per la stanchezza dovette fermarsi più d’una volta. Sentiva che pian piano il fiato diventava sempre più corto e si ricordò del flauto. Posò la lampada a terra e aprì il sacchetto. Montò i tre pezzi e cominciò a soffiare nella bocca del flauto ma, con stupore, nessun suono ve ne uscì, soffiò più forte ma niente. In compenso si sentì improvvisamente forte e così ricominciò a salire le scale e finalmente giunse ad un piano sul quale vi erano tre porte. Con la lampada a fargli da guida lesse sulla prima porta una scritta “IO”. Ormai curioso si diresse alla seconda e vi trovò scritto “CHI” e di seguito all’ultima che recava la scritta “SONO”. Si ricordò le parole del gobbo e pensò che la locandiera si volesse divertire giocandogli uno scherzo, così decise di proseguire per la scala e di fermarsi nell’ultima stanza che avrebbe trovato ma, forte dell’esperienza vissuta, non appena riprese a salire soffiò subito nel suo flauto e subito comparve un altro piano, e poi un altro e un altro ancora. Della donnina nessuna traccia. Il giovane escogitò, nel frattempo, di suonare una bella canzone allegra così cominciò a suonare e cantare e a soffiare nel flauto finché la donnina, innamorata di quella voce improvvisamente non gli comparve dinanzi:
– Sei tu che canti così melodioso bel giovanotto? Chi sei? –
Il giovane si ricordò delle stanze del primo piano e rispose: – IO CHI SONO? –
E lei: – NON LO SO –
Allora il giovane riprese: – IO CHI SONO? –
E lei: – LO VORREI SAPERE – ma questa volta più spazientita
E il giovane: – IO CHI SONO? –
E lei, in preda alla rabbia: – BASTA DILLO TU! –
Il giovane riconobbe in lei una vecchia megera e capì che quel luogo buio era l’origine di tutto il buio piombato sull’intero villaggio ma scoprì attraverso la rabbia della vecchia che nessuno era mai stato in grado di dire “BASTA!” se non lei. Così scese al piano “BASTA DILLO TU” e spalancò porte e finestre e improvvisamente entrò il sole.
La donnina tirò fuori un gran grido di dolore e svenne ma al suo posto, la mattina seguente c’era solo una teiera, sbeccata.
Il giovane cantastorie, dopo essersi rifocillato a dovere riprese il suo pellegrinare.
Era bello, alto, snello con voce di colomba e gorgheggi di tortora.
STEFANIA GIALLANELLA
31 dicembre 2018